Varianti Ep. #001

The Shadow è nervoso, sente nel proprio sangue una vibrazione non indifferente, vuole uscire, è stanco di rimanere nella caverna. Si è alimentato di tutta la spazzatura, degli escrementi, dell’astio, della rabbia, ed è cresciuto, è diventato un cucciolo di Kaijū, cucciolo ok, ma sempre Kaijū.

Poppy è preoccupato, sa che c’è qualcosa che non va, sa che deve fare qualcosa, ma è anche molto stanco. Nonostante tutto riesce ancora a tenere a bada The Shadow.

Giuseppe è in giro, non torna da tanto, chissà dov’è finito, Poppy l’ha riempito di chiamate, ma niente, non risponde.

Gosphalt sta giocando, gioca sempre, si ferma solo per dare il cambio a The Boss e Poppy e sta reggendo la baracca, è l’unico che ha un minimo di controllo, e quello che tiene sulle spalle tutto, compresa la testa.

The Boss non ha voglia. Semplicemente, non ha assolutamente alcuna voglia.

Va così, da un po’, l’equilibrio è precario, l’ombra è sempre in agguato, ma per ora si controlla.

Birra?

(Tutte le immagini sono state generate usando Dall-E)

Varianti

Il multiverso è un concetto di cui sappiamo spaventosamente poco.”

Se mi dovessero dire che prima o poi potrei incontrare tutte le mie varianti in un solo luogo e tempo, credo che dovrei organizzare una cena con tavoli separati.

La cosa peggiore è che le varianti sono già tutte insieme, ma ancora non lo accettano.

Poppy

Poppy è lo spirito libero, non si sa mai cosa voglia dire, o se lo dice devi sempre annuire per non farlo agitare (ed è sempre agitato). É incredibilmente brillante nel fare battute estemporanee (**risate dal pubblico**) e ha scoperto di odiare le barzellette. É ancora un mistero per se stesso, e probabilmente è troppo pigro per voler approfondire. Dice un sacco di parolacce. Sembra sempre incazzato, ma si spezza con un grissino (meglio se gli offri prima una birra, o 3).

The Boss

The Boss vive in ufficio, o meglio in qualsiasi cosa possa essere associato ad un ufficio (lo smart working, you know), ha come unico obiettivo eliminare qualsiasi problema possa ostacolare la vita lavorativa propria e dei suoi colleghi, ma a volte sa benissimo di essere proprio il problema principale: dice che ci sta lavorando su.

Gosphalt

Creatura dell’internet, alterna giornate di eccessiva condivisione a silenzi immotivati. Ha sempre un videogame a cui giocare, ma ne completa una minima percentuale. Crede di essere divertente, ma in realtà si aggrappa a tentativi di battute che spesso generano foreste di cespugli rotolanti.

Giuseppe

Dice di essere l’originale, ma è quello che si vede sempre meno, e sempre meno degli altri. Pretende di voler avere una propria personalità, si sta impegnando, ma le sue varianti sono molto prepotenti. Ora ha anche scoperto di avere il diabete di tipo 2, e sta facendo di tutto per migliorare se stesso (almeno fisicamente) a colpi di dieta e chilometri e chilometri macinati camminando ogni giorno. Ha i piedi un po’ doloranti, ma incredibilmente non ha fame.

The Shadow

Sta lì, a guardia di tutte le cose puzzolenti e schifose, è il suo lavoro, ed è contento così.

La vita è un bell’impegno da prendersi, potevate avvisarci prima.

Axel

Lunedì mattina ho salutato Axel per l’ultima volta, gli ho fatto gli ultimi grattini, erano grattini di “arrivederci ma chissà per quanto”; ormai è almeno un anno (forse di più) che tornavo a Milano con il timore di non poter vedere più quell’ammasso puzzolente di ciccia spelacchiata: quell’ammasso puzzolente di ciccia spelacchiata ora non c’è più.

Axel è stato un lottatore, ha sfidato tumori grossi quanto il suo corpicino da Yorkshire, cuori malconci, e malanni della vecchiaia. Quanti sono 16 anni e mezzo per uno Yorkshire? Io dico mille. Almeno.

Se posso aver imparato qualcosa da Axel è che la fame ti manda avanti nella vita: poteva avere tutti i malanni del mondo, ma quando si trattava di mangiare era sempre in prima linea.

Ormai però stava soffrendo troppo, e prima o poi la sofferenza di un essere vivente deve pur finire. Ma dove finisce la sofferenza di Axel, ora inizia la mia.

Mi piange il cuore, il corpo, l’anima, e non smetteranno facilmente di piangere, perché mi è stata strappata un pezzo della mia vita.

Addio Axel, e grazie per tutto l’alito di pesce.

Storie della 95 #001 20161012

(Questo testo è copincollato da un post Facebook, mi sembra utile lasciarlo qui, perché vale una lettura)

[Tornando a casa da lavoro, sulla 95] Ero con le mie megacuffie nuove, isolato dal mondo, ascoltavo i Pink Floyd (The Wall), quando un signore seduto dietro di me mi tocca la spalla (e già commette il primo errore) e mi chiede informazioni nonostante avessi le cuffie (e siamo a due errori). Non capisco benissimo quello che mi chiede, stavo ancora sfilando le cuffie, avevo solo capito “giochi”, per cui pensavo mi avesse chiesto se stessi giocando con il cellulare. Gli rispondo “No, non è un gioco” “No, chiedevo si gioca stasera? C’è la partita?” “Non mi pare, ha giocato l’Italia da poco, quindi credo di no” sul cellulare usando Forza Football “No, non c’è niente stasera, giocano sabato” “Ah, va bene, grazie” **pausa di 10 secondi, in cui non ho ancora indossato le cuffie, perché so che sta per chiedermi qualcos’altro** “Ma hai internet sul cellulare?” “Si” “Posso farti una domanda, ma cos’è internet di preciso?” **2 secondi di panico in cui mi viene in mente solo IT Crowd, sto per rispondere ma mi anticipa** “Si possono trovare informazioni?” “Ecco, sì, da tutto il mondo” “Ma anche di chi è morto?” “Sì, be, non proprio di tutti, dipende” “lo conosci Michael cimmino?” “Il regista? Certo, è morto poco tempo fa” “ah si? Quanto?” “A luglio” “Ah, e quanti anni aveva?” **Controllo su Wikipedia” “77 circa” “Ah, e trovi tante altre cose su internet?” “Bè sì, un po’ di tutto se voglio”

É andata avanti ancora per qualche minuto la chiacchierata con questo simpatico sconosciuto della 95, di 65 anni, nato i Calabria, che vive a Grosseto, dove ha una campagna grande con frutta piante ed animali, ma sta a milano per motivi di salute.
Questo signore sa leggere ma non sa scrivere bene (“Ogni volta che devo firmare alla posta ci metto 3 ore” dice ridendo), ha un cellulare che usa e sa usare poco (“Non ho internet, quando mi chiamano so rispondere, ma non chiamo mai”), sa suonare a orecchio chitarra e fisarmonica (l’ho invidiato) e mi ha detto che sono una persona educata e gentile (“Di dove sei?” “Di Taranto” “ah in Puglia. BRAVO”).

Certo, non ho mica pianto lacrime amare per questo signore che cammina, non sa scrivere ma vorrebbe imparare ad usare internet col cellulare, però mi sono un po’ commosso a parlare con lui (e lo sono mente scrivo tutto ciò).

Non è che…?

Il cervello gioca dei brutti scherzi, cari lettori.

Vi racconto due storie. Sono due storie che dimostrano che la stanchezza mentale è ineluttabile.

Storia nr.1

Il venerdì è un giorno da santificare, perché puoi esorcizzare la stanchezza fisica e mentale della settimana lavorativa bevendo delle birrette e mangiando della sugna.

O almeno così credi.

Sono con i miei amici a bere e mangiare, e a (cercar di) non pensare alle preoccupazioni quotidiane, quando mi arriva una notifica dal mio account Gmail:

*** QUESTA E’ UNA DRAMMATIZZAZIONE, NON CORRISPONDE AL 100% ALLA VERITÀ ***

“O mio dio! Qualcuno sta arrubbando il tuo account Netflix, si è appena collegato da un tablet a Lisbona!11!1!”

*** FINE DRAMMATIZZAZIONE ***

Quando ti arriva questo tipo di messaggi non hai il tempo di pensare, e forse neanche le energie, per cui la prima cosa che puoi fare è difendere il tuo territorio.

“Cazzo, vogliono fregarmi il mio account Netflix! Ora cambio subito la password”.

Password Cambiata.

Peppe: “Volevano fottermi l’account Netflix da Lisbona, ma ho subito cambiato la password! BRAVO ME!”

Amica dubbiosa: “Scusa ma…non è che è tua sorella?”

“…”

“…”

*** Ormai la ruota dei criceti nel tuo cervello si è bucata ***

“Ah già”

“…”

“…”

Sì, ho una sorella che in questo momento lavora in Portogallo.

Con la mia fantastica mossa, sono riuscito a buttar fuori da Netflix sia mia sorella che i miei genitori. BRAVO ME.

Tu pensi: “Vabe. Tu lavori con la tecnologia, può sempre capitare UNA VOLTA nella vita un momento di debolezza, una defaillance (Parte video di Naike Rivelli). Non ti potrà mai succedere qualcosa di peggio.

E invece

Storia nr.2

Siamo al venerdì successivo rispetto alla storia nr.1. Sono seduto nella navetta che mi porta al lavoro, ascoltando come al solito della musica (in questo periodo ci sono i Rammstein nelle mie orecchie). All’improvviso mi arriva una mail su google “

*** QUESTA E’ UNA DRAMMATIZZAZIONE, NON CORRISPONDE AL 100% ALLA VERITÀ. CI METTO DEL CARICO MAGGIORE PERCHÈ È LA SECONDA STORIA ***

“Oh zio, ti stanno fottendo l’account Google! Hanno appena cambiato il numero di recupero della password! Il numero è 666-123456789!!!”

Il mio dormiveglia da navetta si interrompe, e provvedo subito a cambiare password, perché questo attacco non potrà infliggere la mia sicurezza!

Arrivo in ufficio, NON VADO A BERE IL CAFFÈ, vado subito al pc per controllare le attività del mio account, e vedo solo quella notificata sul bus. Provvedo ad attivare l’autenticazione tramite cellulare, non si sa mai.

Avendo un cellulare aziendale, decido di provare a chiamare questo numero sconosciuto: apro l’applicazione del telefono, e nella cronologia chiamate è presente proprio il NUMERODELLODIABOLO. Sono esterrefatto, non mi spiego il motivo per cui questo numero abbia provato a chiamare il numero del mio telefono aziendale.

Il mistero si infittisce

Passano dei giorni. (5 in questo caso).

Sono a bere (sì, bevo spesso) con degli amici ad un baretto. Per caso torna in voga l’episodio del tentativo di hacking del mio account google.

Amico A mi dice: “ma sei sicuro che la mail fosse di google e che ci fosse davvero un tentativo di modifica del cellulare di recupero?” Io rispondo: “Vai tranquillo azzio, ho fatto dei controlli e non era un’attività fake, quindi sono tranquillo”.

Amica B (quella che nell’episodio 1 aveva già detto “Non è che…?”) mi dice: “Ma non hai mai provato a chiamare questo numero?”

Peppe: “Eh no, sinceramente non volevo rischiare di cadere in qualche truffa/scam”

Amica: “Eh vabbe, domani invece di chiamarlo dal cellulare lo chiami dall’ufficio, almeno non traccia il tuo numero”

Peppe: “Ottima idea, quasi quasi faccio così!”

Sempre io, dopo qualche secondo, per qualche motivo ho fatto un’indagine mentale della mia vita, del mio curriculum vitae, delle mie capacità lavorative, delle mie conoscenze informatiche, delle mie schede SIM, e ho avuto un’illuminazione:

“Non è che è il mio numero Iliad?”

Apro la rubrica del mio telefono personale.

Digito le prime cifre del NUMERODELLODIABOLO.

Vedo l’incombere del MIO NOME E COGNOME.

Era la mia scheda ILIAD.

Ho due sim nel mio telefono.

E quindi, amici lettori.

Prima di pensare che qualcuno stia rubando il vostro account, prima di pensare che qualcuno nel mondo possa complottare contro la vostra vita, prima di pensare che qualcuno ce l’abbia con voi, cercate sempre di pensare a me, e a quanto la stanchezza possa impattare sulla vostra sanità mentale.

Virgin Frigobar

Vi racconto una storia.

Sono un alcolizzato.

O meglio, lo sarei se bevessi tanto alcool.

Io bevo abbastanza alcool.

Abbastanza, per chi?

Per me.

Sono abbastanza alcolizzato da decidere arbitrariamente di consumare una birra del frigobar in una stanza d’albergo di Torino.

Era una fredda serata di un venerdì di novem-MAGGIO, era Maggio, porca miseria. Non si trattava di una birra fortemente desiderata, piuttosto di una birra che ti accompagna verso il sonno dei giusti, quello che inaugura il vero e proprio weekend di riposo.

Questa è una birra

Quello che avrebbe dovuto insospettirmi è stato il fatto che, provando ad aprire la bottiglia di birra con l’apribottiglie, la resistenza del tappo fosse estremamente bassa.

Ma io, sprezzante del pericolo (leggi: coglione) ho ingollato un terzo della bottiglia (avevo sete): cosa avrei potuto pensare quando, ingerito il freddo liquido contenuto nella bottiglia, tale liquido non aveva alcun sentore di luppolo, ma piuttosto pareva solo acqua?

Cos’è quel liquido che ha odore dell’acqua, ha il (non) colore dell’acqua, ha il sapore dell’acqua, ma è in una bottiglia di birra? E’ acqua con cui qualche FiglioDellaMerda™ ha riempito la bottiglia di birra, rimettendola poi in frigorifero per non pagare le consumazioni del frigobar.

La cosa che più mi fa ridere è che ci sono alberghi in cui tu dici “Guardi che hanno svuotato le bottiglie di birra e le hanno riempite con acqua” e loro rispondono “Lo fanno, lo fanno”.

E quindi vi do un piccolo consiglio: se alloggiate in una camera d’albergo, e se nella camera d’albergo c’è il frigobar, controllate che le bottiglie siano tutte SIGILLATE. Non si sa mai.

Comunque Torino è sempre bella.

Ears just wanna have fun

Ho uno strano rapporto con le cuffie.

Indosso delle cuffie alle orecchie per il 65% della mia giornata, lavorativa e non. Mi alzo, esco di casa, indosso le cuffie, arrivo in ufficio, indosso le cuffie, esco dall’ufficio, indosso le cuffie.

Quel che non capisco è il motivo per cui io riesca in maniera più o meno regolare a perdere o a rompere queste maledettissime cuffie.

Ho degli auricolari con cavo? Il cavo si rompe e di auricolare ne funziona solo una (di solito il sinistro, ovviamente).

Compro delle fantastiche cuffie con cavo piatto che mainellavitasirompe? Il cavo si rompe il giorno dopo.

Compro degli auricolari wireless? Si rompe il less.

Per qualche strana condizione meteoastrologica riesco anche a perdere le cuffie, quelle groffe groffe, quelle che d’inverno ok ma d’estate la musica scorre via col sudore.

Il mio sogno più grande è quello di farmi impiantare un sistema audio intraosseo. Uno di quelli per cui ti tiri un lobo dell’orecchio per mandare avanti o indietro i brani, tossisci e spotify va in modalità random. Dai, ci sarà un impianto del genere, no? NSA, parlo con te.

“O forse dovresti fare solo un po’ più attenzione. Che dici, caro vecchio coglioncello?”